Pittore, scultore e incisore, Hassan Vahedi è nato il 10 novembre 1947 a Teheran, dove si è diplomato in pittura e scultura alla locale Accademia di belle arti. Ha partecipato insieme a letterati ed artisti del suo Paese al gruppo "Talere Iran". Giunto in Italia alla fine del 1974, ha studiato pittura con Montanarini e Trotti e scultura con Fazzini e Greco all'Accademia di belle arti di Roma. Risiede e lavora a Roma con studio in via Sirte n.40.

Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali in Italia ed all'estero.

domenica 27 marzo 2011

Recensione di Lidia Reghini di Pontremoli, Segni nascosti dietro la ruga del cuore




All’ombra distorta di un nuovo millennio segnato dall’avvento irruento delle nuove tecnologie è raro incontrare quell’artista che si commuove di fronte ad un quadro di Tiziano. Fuori da ogni retorica o compiacimento edonista, quest'artista è colui che non dimentica né compie sforzi nel ricordare, ovvero nel far affiorare forme, oggetti astratti che volano nella pittura senza la preoccupazione di un assoluto divenire, di un'obbligata gravità terrena. Tutto scorre fluido come le parole di un discorso iniziato qualche tempo prima in un anno Mille mai trascorso.
Quella di Hassan Vahedi è la realtà di un quotidiano che scorre senza drammi, senza la preoccupazione impellente dell’inseguire facili chimere, linguaggi alla moda, citazionismi di maniera. L’artista appartiene alla sua pittura, ne è forse felicemente schiavo d'amore, senza enfasi né forzature. E non è un caso che Hassan si commuova di fronte a Tiziano; perché la grande parabola umana e naturale dell'allegoria dei grandi veneti sembra rispecchiarsi senza contraddizioni temporali negli orizzonti aperti, espansi dei quadri di Hassan. L’artista non compie una lettura ideologica della natura e dei suoi reperti ma verifica l'esistenza di un percorso comune: là dove l’uomo è quella macchia di memoria che si mescola tra segni e culture del passato.
In un sistema di idee che non conosce calcoli né strategie, gli ideogrammi sono parti emozionalmente attive e partecipi: non feticci rivitalizzanti nel presente, né arcaiche prefigurazioni, ma qualcosa di vero e reale che trova coerenza ed unità espressiva in un presente tagliato fuori dalla Storia, valido oggi come domani. Per questo i quadri di Hassan sono apparizioni universalmente e trasversalmente comprensibili.
La mano dell’artista non conosce freni né limitazioni segnando e sognando il divenire di un'opera aperta, in cammino, riportando alla luce linee, geometrie, appartenenti a culture millenarie, controbilanciata soltanto da esplosioni di colore allo stato puro, urla nel deserto silente di una mediocrità diffusa nella pittura. Quello di Hassan è il gesto ampio, misura di un braccio umano che si impossessa e traccia i confini di una superficie storica e geografica. In questo territorio capace di attraversare da Oriente ad Occidente differenti latitudini culturali, si esaudisce il gesto dell’uomo che guarda dietro le proprie spalle alla ricerca della sostanza dell’azione primaria del graphèin, scrittura antropomorfa delle origini.
Le opere di Hassan sfidano il conformismo imperante in una guerra senza persecutori né nemici. Dopotutto quel che è immediatamente leggibile è proprio l’assetto solare e felice di questi conglomeri naturali. L’uomo e la natura saranno i sicuri, predestinati vincitori. E forse Hassan è quell’incantatore, nostalgico poeta, che riesce a non far dimenticare i significati di quei segni che sono nascosti proprio dietro quella ruga del cuore di ognuno di noi.

Lidia Reghini di Pontremoli, gennaio 2004

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